Nella vita ho avuto due esperienze culturali “forti”: la Scienza dell’Universo e la Pittura.
In entrambi, mi definisco un “osservatore”, uno studioso che indaga la natura per trovare in essa legami sotto forma di leggi e geometrie.
Nella ricerca scientifica, penso che il primo e ultimo moto dell’indagine debba essere l’osservazione, sia come stimolo a nuove interpretazioni e teorie che come loro verifica. Naturalmente chi osserva non deve anteporre pregiudizi o regole alle sue osservazioni, ma è pronto ad accettare il fatto che le regole finora note e tranquillizzanti possono non essere più valide nella sua scoperta del mondo. Non si può essere “soltanto come un fanciullo sulla sponda del mare, che si diverte nel trovare di tanto in tanto un sassolino più liscio o una conchiglia più grande del solito, mentre il grande oceano della verità sta ancora inesplorato dinnanzi” (Isaac Newton, Brewster’s Memoirs). Bisogna a volte essere ipermetropi, e mettere a fuoco solo ciò che ci sta lontano.
Nell’osservazione pittorica della natura e degli esseri umani la tecnica del disegno e del colore compongono immagini che parlano all’occhio. Ma anche in questo caso, le macchie di colore e i contorni del disegno devono andare al di là della semplice rappresentazione delle cose. La fantasia permette di superare le leggi fisiche, di accostare tra loro oggetti incompatibili in questo universo, di esprimere e di comunicare i sentimenti. “Il pittore è padrone di tutte le cose che possono cadere in pensiero all’uomo, perciocché s’egli ha desiderio di vedere bellezze che lo innamorino, egli è signore di generarle, e se vuol vedere cose mostruose che spaventino, o che sieno buffonesche e risibili, o veramente compassionevoli, ei n’è signore e creatore.” (Leonardo, Trattato della Pittura)
Ricerca scientifica e ricerca artistica diventano quindi per me due modi paralleli e altrettanto rigorosi nel metodo per cercare un’immagine del mondo, attraverso l’osservazione attenta dell’universo esterno e di quello interiore alla natura umana.
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